Balotta: compagnia di amici. Termine usato indifferentemente da teen ager e over 35. Primo termine che imparerà un forestiero.
Bagaglio (anche "zavaglio"): sostantivo che può indicare indifferentemente qualsiasi oggetto (o persona) con accezione negativa.
Definisce sinteticamente la condizione di attrezzo inutile il cui unico attributo è quello di possedere un peso senza, nonostante tutto, svolgere correttamente la propria funzione.
"Cos'è quel bagaglio lì?" domanderà con aria di superiorità il giovine felsineo additando il vecchio cellulare dell'amico dalle dimensioni di un cabina telefonica.
Batèdo: letteralmente equivalente alla locuzione "una gran quantità di". Il termine, pur nella sua sinteticità estrema, esprime con disarmante successo l'immagine onomatopeica del tamburellare incessante di qualcosa che si abbatte senza concedere tregua alcuna.
"Ho preso un batedo d'acqua!" esclamerà correttamente l'ignaro cicloturista appena rincasato fradicio dopo l'ennesima bizza meteorologica di queste mezze stagioni ritornate prepotentemente di moda.
Bazza: intrallazzo, conoscenza tattica. Generalmente volta all'ingresso in disco senza sottostare a code di ore o allo sconto all'atto di un acquisto (per esempio del settimo aperitivo consecutivo al Rosarose).
Bona lè: basta! Locuzione sintetica ma esaustiva per sancire il termine di qualsiasi attività e/o discussione. "Bona lè! riga (vedi)! non ne voglio più mezza (vedi)!" affermerà perentoria la fanciulla, all'incipiente quarantasettesimo tentativo di "intomellamento" (vedi tomella) ad opera del maldestro maraglio (vedi) di turno. Vedi anche: "riga".
Bulbo: capelli. Il bolognese veramente giovane, affermerà al suo amico scapigliato dalla corrente: "con questo vento hai un bulbo che non si affronta (vedi)!"
Busone/a: doppio significato per entrambi i generi. Con busone (al maschile) si identifica una persona estremamente fortunata o nell’altra eccezione un ragazzo dell’altra sponda. Omosessuale detta alla maniera politically correct. Al femminile rimane valida la variante della fortuna mentre cambia sostanzialmente il secondo significato. Con busona il giovane regaz bolognese apostroferà una donna (preferito per ragazze over 30) particolarmente vistosa. Non necessariamente bella, anzi, nella stragrande maggioranza dei casi si vuol far notare l’effetto vistoso della procace signora. Ecco lo stereotipo tipo della busona: tacco da 10 minimo, trucco pesante, capello vaporoso, labbra luccicanti, bigiotteria poco minimal di pregio.
Canappia: naso importante e/o brutto Es: Pippo Franco. Quel regaz c’ha ‘na canappia che prima arriva il naso e con calma lui.
Càrtola: tipo giusto, molto fico, di un'altra (vedi)! Se si "ha la càrtola" significa che si possiedono tutte le caratteristiche necessarie per fare colpo sull'universo femminile. Come comprensibile tale attributo non è collegabile in alcun modo al PEx.
Cassa: o meglio "essere in cassa". Definisce lo stato comatoso conseguente ad abuso di sostanze alcoliche e depone a grande sfavore del soggetto in quanto assolutamente incapace di intendere e di volere.
Es.: "mi sono preso una cassa pesissima!" esclamerà il morigerato fanciullo, la giornata susseguente ad una bravata con gli amici.
Ciocàta: rimprovero, cazziatone. Più correttamente "cioccàta", in cui la doppia "c" viene immolata senza troppi rimorsi sull'altare della corretta pronuncia felsinea.
"Ho preso una ciocàta pazzesca" asserirà correttamente lo studente ripreso e ridicolizzato di fronte alla platea di compagni di corso dal professore che lo ha "sgamato" mentre copiava la soluzione del problema di Analisi 2 dalla fotocopia ridotta e filigranata del "Matricioni - Forti".
Dare la molla: mollare, scaricare. Utilizzato principalmente nel senso di liberarsi della persona con cui si era soliti accompagnarsi.
Alla domanda "dove l'hai messa la morosa?" il giovane bolognese che vorrà distinguersi per eleganza e modernità risponderà convenientemente "cioè, le ho dato la molla, mi aveva troppo zagnato (vedi) i maroni!". Della serie...: incipit per eccellenza che prelude ad una categoria di cui l'evento che viene commentato si ritiene faccia parte. Fondamentale la "s" sibilante e la "e" molto aperta affinché la locuzione sia effettivamente giovane ed efficace.
Essere di un'altra (o di prima, o di primissima): sottointeso "categoria". Locuzione utilizzata per esprimere entusiasmo e felicità per qualcosa. L'oggetto dell'espressione viene immediatamente posto al di sopra di ogni confronto con oggetti simili ma banalmente e tristemente più scadenti. (Locuzione contraria: "essere di ultima").
Fanga: scarpa. Tendenzialmente schivo e scarsamente esibizionista il giovane felsineo apostroferà il suo interlocutore appoggiando un lieve: "ho comprato delle fanghe in centro che sono di un'altra" .
Fare il proprio numero (non...): locuzione di rimprovero che colpisce la giovane mente bolognese fin dalla più tenera età e che lo accompagna nel corso della sua esistenza; pronunciata ora dall'amico di turno, ora dalla dolce consorte la quale, prontamente avvedutasi dell'imminente, ricorrente, fragorosa digestione del compagno nel corso del pranzo di nozze della sorella, lo apostroferà in questo modo: "Non farai mica di nuovo il tuo numero?!"
Ferro: macchina di pregevole fattura, ma generalmente macchina alla moda. Famosa l’affermazione di quel tale che all’amico sborone asserente il fatto di trombare per via del possesso di un gran ferro rispose ‘uomo io trombo anche con la panda’
Gaggia: mento di notevoli dimensioni e sproporzionato rispetto al resto del viso. Tra gli esempi più famosi citiamo Celìne Dion e Michael Schumacher e come dimenticare Ron Moos al secolo Ridge
Gebbo (o geppo): scarso, maldestro, personaggio di scarso spessore. Aggettivo dispregiativo utilizzato per additare persona sfigata di cui si nutre scarsa considerazione.
L'espressione può essere rafforzata ulteriormente da specificazioni peggiorative come nei seguenti esempi: "gebbo di ultima", "gebbo da fuoco".
Impalugare: allappare, invischiare. Tipico verbo da usare durante gare di Orzoro, pangrattato a cucchiaiate, senza bere. Il giovane bolognese che tronfio estrarrà dal suo zainetto il mitico "tortino porretta" o il non meno temibile "buondì classico" (privo dell'effetto lubrificante della marmellata o della copertura di cioccolato) per la merenda si troverà irrimediabilmente impalugato e quindi bisognoso di ettolitri di liquido amalgamante.
Intappo: abbigliamento particolare, look. Utilizzato in modo particolarmente efficace per riferirsi a travestimenti o agghindature finalizzate alla partecipazione a feste a tema (intappo anni '70).
L'arrivo di un amico dotato di zampa di elefante e stivaletto in pelle con cerniera laterale verrà convenientemente salutato con un efficacissimo: "meeerda, che intappo! sei troppo di un'altra!".
Intortare (da cui il sostantivo "intorto"): circuire, ammansire con discorsi possibilmente lunghi e fastidiosi a fini persuasivi. La pratica dell'intorto è tipicamente attuata dal giovane di tendenza che, sfoggiando camicia "di primissima" ed il dodicesimo calice di frizzantino al dehor del Rosarose, dà prova di prorompente logorrea alla fanciulla trampolata di turno al fine palese di ottenere favori di natura sessuale.
Lesso: tipo scarsamente sveglio. "Luilì è un gran lesso!" esclamerà la sagace fanciulla bolognese additando il giovane di passaggio il quale, la sera precedente, alla visione della suddetta in soli autoreggenti e sandali con tacco vertiginoso, non ha compreso le malcelate intenzioni sessuali della focosa compagna.
Maraglio: aggettivo sostantivato utilizzato per identificare ragazzi/e abbastanza grezzi che si mettono in mostra in modo vistoso e cafone. Il giovane della Bologna bene affermerà "che gran maraglio!" indicando platealmente il possessore della Renault 5 turbo incredibilmente accessoriata con ruote iperlarghe, numerosi spoiler, minigonne, autoradio a volumi devastanti, pianalone da 400W per canale e adesivi sul genere "turbo", "Rabbit", "O'Neill". Ragazzo altresì identificabile dall’abbigliamento vistoso e per nulla di pregio e dalla compagna generalmente trash nel suo ‘calzare ancora con le zeppe all’alba del 2006’
Non c'è pezza: locuzione ermetica che affonda le radici ai tempi di vacche magre in cui le pezze potevano sancire la salvezza di un capo di abbigliamento ormai logoro. Quando "non c'è pezza" significa che non vi è modo di recuperare lo strappo e, per traslato, sottolinea l'ineluttabilità di un evento senza che si possa fare niente per evitarlo o per negarlo. Devo mettermi a dieta, non c'è pezza!" esclamerà, non senza una nota di tristezza, il giovane imbolsito da vagonate di tigelle e crescentine"
Non si affronta: locuzione atta ad indicare situazioni o immagini al limite della gestibilità o comunque sgradevoli a qualunque dei cinque sensi (vedi esempio precedente: "Hai ragione, non ti si affronta!", risponderà l'amico).
Non volerne (più) mezza: essere saturo di una cosa al punto di non volerne nemmeno più sentire parlare. Appare evidente il superiore impatto emozionale della locuzione felsinea al confronto del ben più prolisso ed inefficace corrispondente italiano. Vedi anche "scendere la catena".
Paglia: sigaretta. Tipica l'espressione del galantuomo bolognese il quale, dopo avere sorseggiato il quinto "mohito", si rivolge elegantemente al tavolo accanto al proprio biascicando: "oh, raga, avete una paglia?".
Panno: coperta (del letto). Viene chiamato a gran voce dal galantuomo bolognese al sopraggiungere dei primi freddi apostrofando così la signora: "Oh, Cesira, tira fuori il panno!".
Pezza: sostantivo derivato dal verbo "impezzare" ossia usare la dialettica per chiudere all'angolo un altro individuo contro la sua volontà, il quale, dopo alcune orette sbotterà "cioé, mi stai tirando una pezza allucinante! cioé, non ti si affronta più: bona lè!". Vedi anche "tomella".
Pilla (o fresca): soldi, denaro. Sostantivo generalmente utilizzato per sottolineare le capacità economiche familiari che permettono al vitellone di sfilare di fronte al "Calice" sull'ultima Porsche in compagnia della dama di turno "meeerda, che ferro! luilì si che c’ha della gran pilla!"
Pistolare: manomettere, potenziare, truccare. Tipica locuzione dell’adolescente, che fiero del nuovo motorino appena regalatogli dai genitori, si vanta con gli amici delle sue nuove potenzialità di meccanico preparatore. : "oggi pomeriggio non ci sono. Vado in cantina a pistolare il ferro!"
Pluma, rana: persona poco propensa a mettere mano al portafogli. Il termine storicamente nasce dal fatto che un tale non meglio identificato, alla richiesta di tirer fora i baiuc (prendere mano al portafogli), messe le mani in tasca le estrasse con un pugno di plumini (i pilucchi del cotone).
Es: "uomo stasera schiaccio, c’ho una gran pluma e i vecchi non mi hanno passato nulla"
Polleggiarsi: riposarsi, stare calmi. Viene utilizzata spesso la forma imperativa del verbo in tono intimidatorio per raffreddare i bollori del maraglio di turno che spinge per non fare la coda all'ingresso della disco: "Oh vecchio, polleggiati subito!"
Pugnetta: termine con doppio significato.1 Atto autoerotico maschile, in poche parole l’italianissima sega. Es: adesso vado a casa e mi faccio una mega pugnetta pensando a tutte quelle che non posso farmi!!! 2 scocciatura, avvenimento accidentale, sfiga Es: soccia che pugnetta, mentre riaccompagnavo a casa la regaz dalla capanna ho forato!!!
Riga: basta, finito. La citazione della linea che determina la fine dell'elenco degli addendi nella somma del fruttaròlo (leggi “fruttivendolo”), definisce per traslato la fine di ogni attività.
Molto usato nelle condizioni più esasperate, in cui si è cercato di non dare ascolto alle continue lamentele della signora in fila agli sportelli postali, ma il suo continuo vociare sull’inefficienza di certi/e impiegati/e statali vi porta inequivocabilmente a sbottare nei suoi confronti. Si fa seguire spesso e volentieri a "bona lè" (cfr.)
Rusco: Forse il più famoso e ineguagliabile dei termini del vocabolario bolognese doc. Prettamente endemico, si tratta di un sinonimo di pattume, spazzatura.
Viene spesso usata per definire con ironia un’auto o una motocicletta non proprio al passo coi tempi. "Cacciala bèn nel rusco!" si sentirà dire il misero e tapino motociclista, giunto al passo della Raticosa con una mezz'oretta di ritardo rispetto agli altri amici dotati di moto ben più moderne e prestazionali.
Sbarbina: ragazza piccola di età, non oltre i 12/13 anni, usato meno frequentemente anche riferito ai ragazzi. "Quando ero sbarbino..."
Sborone: esibizionista, personaggio che si fa notare rumorosamente, privo del benché minimo senso di misura, tatto ed eleganza. La diffusione del malcostume nazional-popolare di stampo catodico tipico di questo periodo storico, ci offre continui esempi di "sboroni" che spaziano dagli ostentatori di status-symbol (auto, moto, abiti griffati, accessoristica elettronica di vario genere) accomunati dalla caratteristica di avere elevati prezzi senza possederne corrispondenti contenuti, ai più classici autocelebratori di prestazioni sportive, sessuali nonché spacciatori di falsissime amicizie altolocate.
Scendere la catena: tipica espressione che comunica il disarmo finale nei confronti di qualsivoglia evento al punto da non "volerne più mezza". Le due espressioni si rafforzano spesso in un confronto sintattico che porta il giovane ingegnere alla settima ora di scritto dell'esame di stato ad affermare: "bona lè, riga! mi è scesa la catena: non ne voglio più mezza!".
Lo stesso verrà ritrovato poche ore dopo completamente "in cassa" di fronte al pub irlandese...
Sfrombolare: gettare via, lanciare. Verbo che ben descrive gesti plateali e definitivi volti all'eliminazione fisica di qualsiasi oggetto divenuto inutile e/o comunque sgradito. "Soccia che stereo!" si dirà appena saggiata la potenza sonora dell'ultimissimo ritrovato acustico situato in camera dell'amico "...e che ne hai fatto di quello vecchio?" "l'ho sfrombolato giù dalla finestra!"
Sghetto (andare di): espressione volta all'identificazione di contesti fortunosi che hanno consentito il concretizzarsi di eventi altrimenti improbabili. Tipico l'incipit dello studente universitario nullafacente e vitajolo che, all'ingresso dell'aula dove si tiene l'esame di "scienza delle costruzioni", con la fiata ancora turbata dall'alcool ingerito la notte precedente esclama:
"oh raga, se passo questa, è uno sghetto!"
Smàtaflone: (dialettale) sberla, schiaffo. Solitamente usato nella migliore delle tradizioni bolognesi in cui sovente si cercava di tranquillizzare gli animi di vivaci bambini, da parte di genitori e/o nonni. “se non la pianti, t’arriva uno smàtaflone!”
Socmel: l’esclamazione per eccellenza del bolognese DOC. Evitiamo la censura omettendo il significato, cmq conosciuto dai più. Es “soccia che figa”esclamerà strabiliato il giovane bolognese abbagliato da una strepitosa visione femminile.
Soccia: vezzeggiativo di socmel.
Spanizzo: persona che si fa notare, che non si tira indietro, che osa in maniera evidente, ma comunque degna di ammirazione. L'immagine, per quanto possa sembrare somigliante ad una prima lettura superficiale, differisce sensibilmente da quella dello "sborone" (cfr.) in quanto non comprende l'accezione negativa caratteristica di quest'ultimo.
Spumanti: sborone attempato, sempre over 30. Termine utilizzato dai ns fratelli, riscoperto per differenziare il nuovo che avanza rispetto allo chiccoso sborone d’annata.
Tiro: è l'azione di schiacciare il bottone che apre il portone del palazzo. Quando il gentiluomo bolognese si troverà ai piedi del condominio dell'amata suonerà il campanello pronunciando la frase: "Ciao, sono io, mi dai il tiro?"
Tomèlla: si riferisce all'atto di "intomellare", ossia di riversare fiumi di parole sul prossimo cercando di convincerlo delle cose più disparate. "Cioè, mi hai fatto una tomella assurda, mollami subito!" dirà elegantemente il PEx alla pretendente fanciulla affascinata da tanto potere e denaro. Vedi anche "pezza".
Verra,bosa,bosona,busona: identificativi di soggetto femminile particolarmente appariscente e solitamente dai facili costumi. Verra è più comunemente utilizzato per giovani donzelle, a differenza degli altri accostati a donne mature.
Zagnare: rompere, infastidire. Forma verbale tipicamente utilizzata nella più ampia locuzione "zagnare i maroni" dove l'azione si eleva ad una forma catartica ed universale che colpisce inevitabilmente le parti più intime e sensibili della corporalità maschile, ultimo ed ineluttabile bersaglio delle persone più insopportabili che la vita ci para dinnanzi.
Zanio: freddo inimmaginabile. ‘soccia che zanio’ esclamerà il giovane bolognese in fila all’ingresso della disco a metà gennaio, naturalmente in camicia rigorosamente sbottonata!!!!!!!
martedì, novembre 15, 2005
DE CULTURAE
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